Cultura finanziaria, gender gap e promozione degli investimenti: la situazione italiana

Pubblicato Nov 11, 2023

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Oltre 4 italiani su 10 avviano investimenti senza aver prima acquisito delle competenze in materia: una delle principali evidenze emerse dalla nostra ultima indagine finance mette in luce la ragione per cui il tema della cultura finanziaria è al centro dei dibattiti nell’industry dei Financial Services. Questo e gli altri risultati della ricerca sono stati presentati martedì 15 novembre nella sede di Toluna Italia nell’ambito dell’ultimo Toluna Insights Leaders Breakfast, un incontro dedicato agli operatori del settore per discutere e commentare, attraverso i dati, lo scenario degli investimenti nel nostro Paese.

L’indagine è stata condotta in due fasi, coinvolgendo a maggio 1000 investitori con più di 25 anni e 600 non-investitori appartenenti alle categorie Millennials e Gen Z e a novembre 1000 over 25 con investimenti attivi. Ecco ciò che è emerso.

Italiani e nuove generazioni tra impreparazione e timori

Alla richiesta di autovalutare le proprie conoscenze in materia finanziaria, appena il 19% di coloro che hanno investimenti all’attivo dichiara di reputarsi “molto competente” e, sebbene un altro 57% si consideri abbastanza pratico, quasi un quarto dei rispondenti ammette di sentirsi poco o niente affatto preparato.

Queste lacune rappresentano anche la prima barriera per i giovani che pensano di approcciarsi al mondo degli investimenti. Il 43% dei non-investitori Millennials e Gen Z coinvolti nell’indagine, infatti, ritiene di non essere sufficientemente competente in materia, tanto che eventualmente opterebbe per prodotti finanziari come azioni (26%) e criptovalute (24%) perché più noti (sebbene, in realtà, più rischiosi). I Millennials, però, mostrano maggior curiosità verso soluzioni di medio-lungo periodo: conti deposito (22%), polizze assicurative (21%) e fondi pensione integrativi (18%).

Ad ostacolare l’avvicinamento di questa categoria al mondo della finanza ci sarebbero anche il timore per la perdita dei propri risparmi (38%), l’ansia per l’incertezza dell’investimento (31%) e una limitata disponibilità di denaro (34%). Su cosa puntare, dunque, per spingerli a investire? I principali driver sembrerebbero essere la prospettiva di un’entrata extra di denaro (34%), il desiderio di far fruttare i risparmi (33%) e quello di guadagnare nel medio-lungo periodo (31%).

Donne che investono: ostacoli e opportunità

Analizzando la questione del gender gap in ambito finance, la survey ha evidenziato tra le donne coinvolte lacune significative per quanto riguarda le competenze: appena il 14% delle investitrici, ad esempio, reputa di avere un’alta preparazione in materia, contro il 23% degli uomini, e la metà ha iniziato a investire senza una preparazione pregressa (un dato di 12 punti percentuali superiore al corrispettivo maschile).

Allo stato attuale, inoltre, quasi un quinto delle rispondenti che non hanno attualmente investimenti attivi non solo non ha mai investito in passato ma nemmeno intende farlo in futuro, contro appena l’8% degli uomini della stessa categoria.

Un’altra differenza sostanziale, però, getta luce su una rilevante opportunità in termini di consulenza. Mentre solo il 17% degli uomini investitori si sono rivolti a broker o consulenti prima di avviare un investimento, le donne che hanno scelto di avvalersi di una consulenza corrispondono al 28% delle intervistate.

Stimolare gli investimenti: i suggerimenti degli italiani

Come oltrepassare gli ostacoli che si frappongono tra gli italiani e in mondo della finanza? A chi spetta il compito di mettere in atto iniziative e strategie volte a favorire la propensione all’investimento? Secondo i rispondenti di entrambe le categorie coinvolte nella survey (72% investitori over 25 e 67% non-investitori Gen Z e Millennials) è innanzitutto responsabilità del governo, che dovrebbe introdurre agevolazioni fiscali e regolamentazioni per una maggiore trasparenza e protezione di chi investe.

Davanti all’insufficiente cultura finanziaria, gli intervistati credono, poi, nell’utilità di campagne informative che si contraddistinguano per un linguaggio più semplice e comprensibile (50% e 41%) e nell’importanza di avviare attività di formazione sia a scuola che nelle università (49% e 46%).  Gen Z e Millennials, infine, si dimostrano più aperti anche ai canali digitali (35%) e alle iniziative ad opera dei media (38%).

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